Sfide e opportunità dell’economia cooperativa

Il bisogno di abbracciare un modello economico più inclusivo e solidale, alternativo a quello che la crisi ha messo in discussione negli ultimi decenni, sta diventando sempre più urgente.

I tempi cambiano e l’affermazione di economie centrate sulla persona, sulla condivisione delle risorse e sul loro utilizzo efficiente e sostenibile è una tendenza tutt’altro che transitoria.

 

di Erika Facciolla (Tuttogreen)
 

Cooperare vuol dire condividere, ma anche credere e investire in una forma ‘circolare’ di economia in cui gli spazi virtuali e fisici, i beni scambiati, le conoscenze, le competenze e le tecnologie vengono trattenuti nel territorio e messi a disposizione della collettività.

Cooperare vuol dire anche collaborare e instaurare tra i membri della comunità un rapporto alla pari, in grado di aggirare le sovrastrutture e gli archetipi che generalmente definiscono gli scambi e le relazioni socio-economiche tradizionali. E dal momento che tendono a creare relazione e scambio, le economie cooperative possono dar vita a nuove forme di socializzazione tra membri della stessa comunità o di comunità diverse, promuoverne l’incontro, e preparare il terreno per la creazione di identità condivise.

"l’economia collaborativa individua nella persona la risorsa fondamentale per la creazione di nuovi modelli di sviluppo".

Dunque, l’economia collaborativa individua nella persona la risorsa fondamentale per la creazione di nuovi modelli di sviluppo e nella cooperazione la forma più efficiente, efficace e sostenibile di ‘fare’ economia guardando più alla soddisfazione di un bisogno che alla realizzazione di un guadagno monetario, secondo un principio di reciprocità e condivisione.

Tale economia si concretizza soprattutto in quella che oggi chiamiamo sharing economy e si declina in varie forme e modalità basate principalmente sul consumo condiviso e sulla finanza cooperativa, come il co-working, il crowdfunding, l’house sharing, il car sharing, ecc.

Professionisti, consumatori e cittadini mettono a disposizione tempo, competenze e beni materiali utilizzando le nuove tecnologie per fare ‘rete’, instaurando tra loro legami virtuosi e sperimentando nuove forme di socialità positiva.

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Le best practice dell’economia cooperativa

A partire dagli anni Novanta, il modello neo-liberalista è stato messo in discussione da una crisi finanziaria di proporzioni globali che ha di fatto preparato il terreno per la nascita di nuove forme organizzative centrate sulla mutualità di beni e servizi e sulla cooperazione sociale e imprenditoriale.

La vera esplosione delle pratiche collaborative, tuttavia, si fa coincidere con l’avvento delle tecnologie digitali, che hanno reso possibile la creazione di piattaforme di scambio alla pari (peer-to-peer) tra persone in possesso o alla ricerca di risorse. Nella vastità delle pratiche che definiscono il modo in cui si può fare economia condivisa, si possono rintracciare alcuni paradigmi fondamentali.

"il consumo collaborativo delle risorse è basato su prassi come la condivisione, il baratto, il riutilizzo, lo scambio, l’affitto, la donazione e il prestito".

Il consumo collaborativo delle risorse è uno di questi, basato su prassi come la condivisione, il baratto, il riutilizzo, lo scambio, l’affitto, la donazione e il prestito di beni e servizi, ma anche di conoscenze, di capacità manuali e perfino di tempo. Quando il consumo collaborativo è riferito a beni materiali si innescano meccanismi di redistribuzione solidale, di risparmio o riutilizzo delle risorse di cui beneficia sia la comunità che l’ambiente. Ma si possono condividere anche servizi e beni immateriali apparentemente banali, come un semplice passaggio in macchina (car pooling, car sharing, bike sharing), riducendo i costi di trasporto e l’inquinamento atmosferico. E si può condividere anche uno spazio di lavoro –  virtuale o fisico – per abbassare le spese di affitto o per ottimizzare la gestione dei costi legati alla formazione attingendo a piattaforme di apprendimento collaborativo basate sul peer-to-peer-learning, come skill sharing e Wikipedia.

Si possono scambiare, prestare e donare competenze (co-working) e perfino ore del proprio tempo libero attraverso le cosiddette banche del tempo all’ interno delle quali è possibile offrire lezioni di cucina o di yoga in cambio di piccoli lavori di manutenzione domestica, servizi di baby-sitting o cura di piante e animali in cambio di ripetizioni scolastiche, lezioni di informatica e così via. Il tempo, come una risorsa, è scambiato o ceduto e viene accreditato o addebitato su un vero e proprio conto personale intestato ad ogni socio della comunità, indipendentemente dall’attività offerta.

In campo turistico e culturale, esistono anche reti di scambio di ospitalità (tra i tanti, BeWelcome, CouchSurfing, Homelink, Airbnb, ecc) che permettono di scambiarsi la casa per periodi di tempo limitati. In ambito abitativo, si possono condividere spazi destinati a servizi collettivi (Co-housing) come cucine, lavanderie, aree di gioco, laboratori, biblioteche e caffetterie.

Non saranno la ricetta salvifica della crisi, ma le buone pratiche dell’economia cooperativa offrono spunti interessanti per innovare modelli economici consolidati e crearne di nuovi, più orientati allo sviluppo sostenibile e ad una concezione della società solidale e inclusiva.

 

Finanza collaborativa dal basso: il crowdfunding

L’altro paradigma che sostanzia molte prassi della sharing economy è la finanza collaborativa innescata dal basso, vale a dire da gruppi di individui che decidono spontaneamente di sostenere un progetto o un’idea in cui identificano valori comuni.

Si tratta di micro-finanziamenti collettivi – meglio conosciuti con il nome di crowdfunding (dall’inglese crowd che significa ‘folla’ e funding che vuol dire ‘finanziamento’) – che consentono di dare e ricevere capitali sotto forma di prestiti o donazioni mediante l’utilizzo di piattaforme web.

"il crowdfunding può essere richiesto per una causa umanitaria, una ricerca scientifica, un’indagine giornalistica, un prodotto o un progetto".

Il meccanismo del crowdfunding è molto semplice: se qualcuno ha un’idea può condividerla con una comunità virtuale e chiedere ai membri di questa comunità di finanziarla definendo un budget da raggiungere. Il finanziamento può essere richiesto, ad esempio, per una causa umanitaria, una ricerca scientifica, un’indagine giornalistica, un prodotto o un progetto.

Una volta raggiunto il budget, il promotore dell’idea (fundraiser) può realizzare il suo progetto, grazie alla somma raccolta, e ringraziare i suoi sostenitori con una ricompensa o con il prodotto stesso.

  • Se il crowdfunding è reward based, cioè prevede una ricompensa, non comporterà per il fundraiser il rischio di capitali economici. In questo caso il rischio è in qualche modo trasferito sui donatori.
  • Se il crowdfunding è equity based, gli investitori diventano soci in percentuale variabile e direttamente proporzionale alla quota versata nel capitale sociale dell’impresa o della start-up che hanno finanziato.

In entrambi i casi, chi dona non offre solo un contributo monetario, ma sposa completamente il progetto, il bene comune e i valori condivisi dalla community.

 

Il ruolo del Credito Cooperativo

Come abbiamo visto, la cooperazione è il motore che accende nuove forme di economie democratiche e sostenibili, non solo quando a sperimentarla sono i cittadini, ma anche le istituzioni, le banche e le imprese che operano sul territorio.

L’adozione di modelli di governance collaborativa orizzontali e partecipativi possono offrire, in tal senso, un’occasione di innovazione e confronto per realtà economiche già affermate come le imprese cooperative che nel mondo sono quasi 3 milioni.

Nel nostro Paese le cooperative sono più di trentanovemila, contribuiscono per circa l’8% al PIL nazionale e descrivono un’esperienza socio-economica già molto inclusiva: basti pensare che erogano servizi di welfare a favore di 7 milioni di persone e che più della metà degli occupati sono donne e immigrati.

Nel settore creditizio, le cooperative rappresentano il più grande gruppo bancario a capitale interamente italiano e sono presenti sul territorio attraverso il 14,8% degli sportelli complessivamente attivi. Per loro, abbracciare i principi dell’economia collaborativa significa, oggi più che mai, individuare più facilmente i bisogni della collettività e porsi come interlocutore credibile e affidabile per soddisfarli.

L’esperienza positiva del crowdfunding ne è la prova: funziona perché offre vantaggi concreti e un accesso al micro-credito più semplice, vantaggioso e trasparente. Proprio quello che i servizi finanziari tradizionali talvolta non riescono a proporre.

"le banche cooperative ed eticamente orientate hanno dimostrato di possedere già i requisiti necessari per attivare concretamente questo cambiamento".

Le banche cooperative ed eticamente orientate hanno dimostrato di possedere già i requisiti necessari per attivare concretamente questo cambiamento. Innanzitutto perché si propongono come società di persone e non di capitali; perché raccontano le storie di territori, famiglie e imprese, e non di semplici investimenti; e perché trasferiscono al capitale economico la loro vocazione ambientale e sociale mettendo sempre al centro l’essere umano. Una filosofia che esalta la capacità del credito cooperativo e del micro-finanziamento di sostenere e incentivare l’auto-sviluppo, il protagonismo delle famiglie, delle persone, delle comunità e dei territori in cui operano.

Nei Paesi in via di sviluppo la finanza cooperativa contribuisce a trattenere nei luoghi di origine i migranti economici e ad innescare economie circolari che consentono di passare, ad esempio, dall’agricoltura di sussistenza a quella di scambio. È quanto sta cercando di fare il Credito Cooperativo in Ecuador e in Togo con due iniziative nate nell’ambito del progetto ‘Microfinanza Campesina’ che ha già stanziato 50 milioni di dollari per lo sviluppo di casse rurali popolari accessibili alle comunità locali.

La strategia delle BCC è integrata e generativa e punta alla promozione dell’impresa cooperativa come modello principale per promuovere il cambiamento. Un modello replicabile, basato sui principi della reciprocità, della partecipazione e dello scambio di risorse, che crea ricchezza, la trattiene nei territori e la distribuisce tra i membri della comunità che l’hanno generata, ridisegnando orizzonti e prospettive future.

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